sabato 1 dicembre 2007

Iguazù

Un autobus locale affollato di turisti, dopo aver percorso una strada nella foresta, ci lascia all'ingresso del Parco di Iguazù, non lontano da un parcheggio per pullman gran turismo, davanti a edifici stile "stabilimento balneare". Lì tutti in coda davanti all'unica biglietteria, poi un tornello e finalmente dentro. Percorriamo in mandria un largo viale verso il centro visitatori e poi tutti sul trenino che si addentra nella selva. Alla prima fermata tutti giù verso le cataratas.
Appena imboccato il primo sentiero: la magia.

Al verde, ai mille verdi, si aggiungono i trilli, i fischi, i sibili di uccelli invisibili. La folla dei turisti non si è ancora sparpagliata, ma già non li sentiamo più, già non li vediamo. Il gioco di indovinare gli uccelli tra le foglie e distinguere le iguane tra i sassi ci ha rapite, così percorriamo i sentieri e le passerelle che avvicinano alle cascate inseguendo le farfalle colorate, ma molto colorate, e grandi, ma molto grandi.
Quando ai versi inauditi, nel senso proprio di mai uditi prima, si aggiunge un gorgoglio profondo, che parrebbe uno scroscio, ma è di più, il passo si fa veloce.
Sì vabbè, gli alberi, gli animali, ma l'acqua!!! Che richiamo irresistibile.
Dall'alto il fiume sembra placido, scorre in un lieve pendio, quasi una pianura, prima di cascare si allarga, forma quasi un lago. Ma quando la terra gli viene a mancare sotto i piedi, l'acqua che precipita risucchia anche noi, e i nostri sensi.
L'istinto di buttarcisi dentro è forte, lo tratteniamo a fatica. Ci sentiamo deboli di fronte alla forza della natura.
Visto dal basso il fronte d'acqua è davvero ampio, sulle passerelle si arriva molto vicino alle cascate, ci si bagna nel vapore sollevato dall'acqua.
La giornata è tutto un allontanarsi dalle cascate, per sottrarsi all'ipnosi, per poi immancabilmente cedere al richiamo.
Quando il parco chiude, siamo costrette a uscire anche noi.
Il giorno dopo, versante brasiliano. In mezz'ora si attraversa il confine e si entra in un altro parco.Qui le cascate si vedono dall'altra sponda del rio Iguazù, sono più lontane e più panoramiche, ma non c'è l'emozione di trovarcisi dentro.
Il terzo giorno rinunciamo a un'escursione che prevede 8 ore di pullman e torniamo alle cascate argentine.
Dopo un deludente sentiero nella foresta, decidiamo di andare a vedere ancora una volta "la grande acqua", che è poi il significato di "Iguazù" nella lingua guaranì.
E qui la sorpresa della prima volta si rinnova e si amplifica.
E' vero che le cascate cambiano in funzione delle piogge lungo i 1300 Km del fiume, ma ora sono grandi il doppio!
Sembra che qualcuno abbia aperto un rubinetto e l'acqua, che avevamo visto scorrere in rivoli, adesso sì, scroscia davvero.
Andare via, a fine giornata, non è facile.

Continua...

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