Anzi da quattro. Una bella rivoluzione. Alle bab si sono aggiunti la Lodi e Kumar, e il viaggio, dopo la sosta a Mumbai, è ricominciato. La Lodi è la nostra amica pittrice e fotografa, postale a tempo perso; dei suoi quadri è tappezzata la nostra casa. All'inizio abbiamo un po' scherzato sul suo desiderio di raggiungerci in India e fare un pezzo di viaggio insieme; alla fine, sorprendendo le incredule bab, ci ha raggiunte davvero. Kumar è l'autista che ci accompagnerà per tutto il mese. E' un indiano di 37 anni, cordiale e sorridente. Ci stiamo ancora conoscendo. Di lui per ora possiamo solo dire che guida all'indiana: a cavallo della striscia di mezzeria, correndo appena può, e suonando il clacson ogni volta che nel suo campo visivo compare un essere animato che viene così invitato a spostarsi, ma in fretta. Anche se non c'è nessuno, Kumar, come tutti, suona lo stesso, caso mai qualcuno avesse intenzione di affacciarsi per strada. Ora siamo in Kerala, uno stato dell'India del Sud. Siamo state qualche giorno a Kochi, una città famosa per il suo centro storico che in passato ha ospitato cinesi, portoghesi, olandesi, inglesi. Ognuno ha lasciato un segno architettonico del proprio passaggio. Ci immaginavamo un centro storico, fatto di strade e case antiche, ben tenuto, perfino un po' leccato. Questo credevamo, dimenticando che siamo in India. Qui anche la principale attrazione turistica della città è un susseguirsi di strade costeggiate da casupole e palazzetti un po' cadenti, attraversate da scoli, cumuli di immondizia, animali e orde di risciò. Poiché il Kerala è la patria dell'ayurveda, prima di lasciare la città e buttarci verso l'interno, ci siamo trattate con un massaggio che ci ha rimesse a lucido. Abbiamo impiegato due giorni per liberarci dell'olio che ci avevano versato in testa e spalmato su tutto il corpo, e così, un po' "unte del signore" siamo arrivate a Munnar, una "ridente" località di montagna, a 1600 mt, meta degli sposini indiani in viaggio di nozze alla ricerca di fresco e aria buona. L'aria è effettivamente più fresca che lungo la costa, quanto alla bontà... decine di risciò affumicano il centro del paese fatto di una strada poco asfaltata e baracche dai tetti di lamiera. Kumar ci ha portate a vedere l'attrazione del posto: una diga. Bah. La strada tortuosa che abbiamo percorso da Munnar a Periyar è stata per noi la vera sorpresa. Un paesaggio fatto di colline di tè a perdita d'occhio. I filari irregolari e sinuosi tracciano sui pendii un disegno che sembra un ricamo. Ogni settimana le raccoglitrici staccano le foglie giovani dalla sommità delle piante; il risultato è una sequenza interminabile di cespugli perfettamente potati a mano. Tutta la regione è proprietà di Tata, l'industriale indiano che ha riempito il paese di macchine e camion, e che sembra essere in ogni settore dell'economia rampante; lo stesso che qualche giorno fa, con grande soddisfazione degli indiani che vi hanno visto una rivalsa sui colonizzatori inglesi, ha comprato la Jaguar. Non l'auto, ma proprio tutta l'azienda, marchio, stabilimenti, brevetti. Dopo chilometri e chilometri di curve, il tè lascia il posto a piantagioni di cardamomo e caffè: siamo sulla via delle spezie ed è bello scoprirne le foglie, i fiori, i semi. Intendersi con gli indiani non è semplice. Alla difficoltà di comprendere il loro inglese molto sincopato, e la Lodi lo parla meglio di Anto, si aggiunge il loro modo di intendere le relazioni umane, la fiducia, l'ospitalità. Emergono così, negli scambi quotidiani con l'autista, o con il proprietario della pensione, tutte le differenze culturali di cui finora avevamo solo letto.
venerdì 4 aprile 2008
Ricominciamo da tre
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