lunedì 4 febbraio 2008

Rapa Nui

Quando immaginiamo un'isola, almeno a noi due è successo, mettiamo insieme una sequenza di stereotipi. La pensiamo sperduta, isolata, quasi deserta, un po' bruciata dal sole, ventilata e calda, con le scogliere battute fragorosamente dal mare, che è ovviamente di un blu molto intenso, e poi ancora, silenziosa, e con il rumore delle onde in sottofondo, un po' vulcanica e inquietante, ma con una spiaggia di sabbia bianca e palme, con animali selvatici e persone anche, uomini con facce da pirati eppure ospitali.

Bene, l'Isola di Pasqua è esattamente la somma di tutti questi luoghi comuni e altri ancora che vi venissero in mente. Ci sembra che qui si materializzi l'idea di isola. Immaginate il nostro stato d'animo.
Quest'isola è un triangolo di terra, il cui lato più lungo misura non più di 25 km, ai vertici tre vulcani che con le loro eruzioni hanno creato l'isola stessa. Dalla loro sommità si riesce a vedere quasi tutta l'isola e il mare che la circonda da ogni lato, oltre ai laghi affollati di canne all'interno dei crateri.
C'è un solo centro abitato, Hanga Roa, dove vivono meno di 4000 persone, il resto è pianura disabitata mossa da tante collinette vulcaniche.
I cavalli sembrano i veri abitanti di questa campagna, ce ne sono dappertutto e sembrano liberi, li vedi pascolare nei campi, lungo le strade, nei cortili delle case. Ogni tanto un uomo li conduce in gruppo, più spesso sembrano conoscere la strada per ritirarsi da soli. Abbiamo visto spesso ragazzi a cavallo per le strade di Hanga Roa; a qualche angolo, ragazzini sul muretto con motorini e cavalli parcheggiati accanto.
Altra presenza costante: i cani che siamo abituate a vedere domestici o randagi, qui semplicemente vivono nel centro abitato, vicini agli esseri umani, ma in autonomia. Seguono chiunque cammini, rincorrono abbaianti le automobili e soprattutto giocano tra di loro.
L'attrazione principale dell'isola sono i moai: grandi sculture scavate direttamente nella roccia alle pendici di uno dei vulcani e trasportate, non si sa bene come, su grandi altari cerimoniali (gli ahu) disseminati lungo la costa. Gli ahu sono a loro volta delle opere d'arte. Sono grandi piattaforme rettangolari su tre livelli; i primi due composti da pietre rotonde allineate a delimitare l'area tabù, il terzo, di massi squadrati e sovrapposti, forma la base su cui venivano issati i moai.
Gli studiosi cercano ancora di capire se i moai fossero omaggi alle divinità ancestrali, monumenti funerari, o espressione di potere delle varie tribù dell'isola, visto che hanno tratti somatici diversi tra loro.
A noi è sembrato che, in un posto così sperduto e lontano da tutto, la funzione di questi grandi bambolotti seri sia di fare compagnia.
In qualunque angolo dell'isola ce n'è uno; avvistarli da lontano, raggiungerli, riconoscerli, è come ritrovare degli amici, ti viene quasi voglia di andare a salutarli.
Ma se si pensa, come noi prima, e come le guide di viaggio lasciano intendere, che Rapa Nui sia solo l'isola dei misteriosi moai, si fa torto a questo puntolino nell'oceano che ha molte altre meraviglie.

Continua...

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