Fuori dai desolanti centri abitati, ci sono dei bei paesaggi. La vegetazione è quella generosa delle zone tropicali. Oltre alle colline con le piantagioni di tè, abbiamo attraversato distese di eucalipti e di palme da cocco. Abbiamo visto gli alberi di caucciù; si riconoscono perché sono ornati da un gonnellino di plastica azzurra, fissato al tronco da una banda di pece, che serve a proteggere la gomma che sgorga da un'incisione verticale nel tronco e si raccoglie in una ciotola. Sembrano donatori di sangue bianco forzati dall'immobilità. Un po' fanno pena. La campagna è ricca di frutti e di coltivazioni. Lungo le strade le case nuove appena costruite, decorate e dipinte, si alternano a baracche e a casupole più vecchie, sporche e malandate. Questo contrasto sembra raccontare la storia dell'India degli ultimi 60 anni.
IL CLIMA
Il clima qui ha il ritmo dei monsoni; al prossimo dovrebbe mancare un mese, ma ogni tanto uno scroscione di pioggia vivace ci ricorda che le stagioni non hanno date precise e che anche qui il riscaldamento globale sta alterando gli equilibri. Di sicuro il caldo è pesante. I gradi sono solo 32, ma l'umidità al 95% lo rende a stento sopportabile. Però bisogna conviverci: si bevono molti succhi d'ananas e si rallenta il passo, di molto. Anche il mare è caldo: nessun refrigerio nel bagnarsi. Iniziamo, mai prima d'ora, ad apprezzare l'aria condizionata.
LE RELIGIONI
Il Kerala è un'anomalia indiana. Qui gli indù, i cristani e i musulmani si ripartiscono la cura delle anime. Lungo le strade si susseguono moschee di tutte le tonalità di verde, templi colorati e chiese costruite in cima a lunghe scalinate bianche, in una corsa al kitsch che può sembrare perfino divertente. Un esempio? Talvolta, nei pressi di una chiesa, la statua di un santo dai colori sgargianti vigila sui passanti all'ombra di un ombrellino da marajà.
LE BACKWATERS
Sono una fitta rete di canali, bordati di palme e separati dal mare da una stretta striscia di terra, che collega laghi e corsi d'acqua, creando un paesaggio davvero speciale. Abbiamo fatto una gita su una "kettu vallam", le vecchie imbarcazioni usate per il trasporto delle merci, ora riconvertite in house-boat turistiche. La vita lungo i canali scorre lenta, come le barche sull'acqua. Le rive sono costeggiate da villaggi e risaie. Al tramonto gli abitanti escono da casa, saponetta in una mano e asciugamani nell'altra, e scendono a lavarsi nel canale. Le donne fanno il bucato sbattendo i panni su lastre di pietra. I bambini salutano i turisti, qualcuno chiede una penna, più per abitudine che per necessità, qualcuno una foto. Camminare lungo le coste di terra che separano i canali è piacevole e rilassante. Abbiamo visto le lucciole e non ci volevamo credere.
IL CIBO
In Kerala, come probabilmente in tutta l'India, si mangia molto bene. Le abitudini vegetariane di molti indù arricchiscono la cucina di verdure e legumi, cotti sempre in salsine saporite, talvolta piccanti, talvolta solo speziate: i masala. I piatti sono spesso accompagnati da riso spesso condito, e con il chappaty, un pane tiepido e morbido che sembra una piadina, si raccoglie il sugo e i pezzi di verdura. Mangiare tutti i giorni al ristorante è un vero piacere, non ci siamo ancora stufate e, per la prima volta da quando siamo partite, il nostro stomaco ci ringrazia dopo ogni pasto.
IL KATHAKALI
E' un'antica forma di teatro-danza. Gli attori non parlano, sono accompagnati da musiche ritmate e da un coro che è voce narrante; comunicano con il pubblico mediante una ricca mimica ben codificata, con il movimento delle mani e dei piedi, e con la posizione delle dita. Una sorta di Linguaggio dei Segni che ha su di noi un potere quasi ipnotico. Gli spettacoli, che originariamente duravano otto ore, sono stati ridotti per renderli accessibili ai turisti. Quello che succede sul palco, sebbene incomprensibile, è terribilmente affascinante. Prima dello spettacolo vero e proprio, si assiste al trucco degli attori che è un'arte in sè, i ricchi disegni delle maschere e alla vestizione che svela come, partendo da materiali semplici, corde, teli e sacchi di juta, si possano creare costumi fantasiosi.
IL PRIMO MASSAGGIO AYURVEDICO
In una sorta di chalet un po' in penombra, due ragazze, ci fanno sedere su uno sgabello, ci porgono un succo scuro da bere e, raccogliendolo con le mani, ci versano sulla testa una coppa di olio alle erbe ayurvediche. Lo spalmano ben bene su tutto il corpo, capelli compresi. Poi ci invitano a stenderci su un materassino poggiato sul pavimento e una di loro, mantenendosi ad una fune appesa al soffitto, comincia a strofinare il nostro corpo con la pianta del suo piede, affinché l'energico massaggio faciliti l'assorbimento degli olii benefici. Dopo una buona mezz'ora di passa e spassa, il massaggio continua in modo più tradizionale su un tavolo di legno, faccia, corpo, gambe, piedi. Infine lo steam bath: una cottura a vapore (come se non facesse già abbastanza caldo) in una sorta di armadio appoggiato su un braciere acceso. Si apre uno sportello, ci si siede sullo sgabello, si richiude, la testa rimane fuori. Sembra di essere nella cabina di un illusionista, mentre il sudore cerca faticosamente di superare lo strato di olio. Alla fine: il lavaggio. In uno sgabuzzino ci sono due secchi d'acqua tiepida e un secchiello. Veniamo invitate a lavar via l'olio, impresa scientificamente impossibile. Restiamo unte.
Prima di congedarci una ragazza accende una specie di cannone, l'avvicina alla nostra faccia ci soffia su e ci invita a inalare il fumo. Pare faccia bene alla sinusite, di sicuro usciamo dallo chalet molto più rilassate, con una faccia diversa. Quella che avete visto nella foto!
giovedì 10 aprile 2008
Il Kerala a piccoli morsi
IL PAESAGGIO
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06:47
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