Da Comodoro Rivadavia a El Calafate ci siamo spostate con un volo della LADE, Líneas Aéreas del Estado, la piccola e ormai unica compagnia aerea argentina sopravvissuta all'era menemista della svendita selvaggia dei beni dello stato (vi ricorda qualcosa?).
Poi, a una fermata intermedia nel minuscolo aeroporto di Perito Moreno (non il ghiacciaio, ma il paese), sono saliti insieme a noi, che intanto eravamo scese con i piloti per andare in bagno, altri tre passeggeri. Avremmo dovuto poi fare un ulteriore scalo a Gobernador Gregores, ma l'aereo, come fosse stato un bus di linea, non si è fermato, forse per il forte vento, forse perché non c'erano altri passeggeri.
L'arrivo a El Calafate è stato annunciato dal colore del Lago Argentino; sembrava che qualcuno ci avesse spremuto dentro il celeste del tubetto delle tempere, tanto il colore dell'acqua era denso e squillante, verrebbe da dire, argentino.
La steppa patagonica vista dal cielo è noiosa quasi come da terra. Colpisce l'assenza dell'uomo. Il paesaggio offre poco: alcune geometrie stradali, letti di fiumi prosciugati, qualche estancia nel nulla, crateri lunari e pozze d'acqua dai colori improbabili.
Insieme alla maestosità dei paesaggi, questi colori si stanno rivelando la vera sorpresa del nostro giro in Argentina. Non eravamo preparate a vederne così tanti in natura, e tanto diversi da quelli conosciuti.
martedì 8 gennaio 2008
Volare
L'aereo era di quelli piccoli, da dodici posti, ma la cosa sorprendente è stato scoprire che non c'erano altri passeggeri. A bordo, oltre noi due, c'erano i due piloti, in addestramento, e l'istruttore seduto dietro di loro. La pista era spazzata dal rinomato vento patagonico e l'aereo sussultava già da fermo. In realtà il volo è andato meglio di quanto avessimo temuto, eccetto per un paio di scossoni, e per alcuni momenti in cui le raffiche di vento sembravano aver la meglio sulla potenza dei motori e l'aereo pareva muoversi più lateralmente che in avanti.
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