mercoledì 31 ottobre 2007

Pausa tecnica

Dopo l'ennesimo cebiche, dopo un mese di fritture, dopo l'ultimo fritto misto di frutti di mare...

il mio fegato ha fatto Booouuum!
E mentre a Segrate si sollazzano scambiandosi ricette e leccornie, a me solo l'idea di cibo...
Insomma ci stiamo fermando qui a Iquique facendo vita da pensionate in attesa che il mio corpo torni... a splendere!
Intanto abbiamo capito che dovremo modificare l'itinerario previsto perché a San Pedro de Atacama, la prossima tappa dove pensavamo di fermarci almeno una settimana, non c'è posto.
E' incredibile: da quando siamo partite spesso abbiamo avuto difficoltà a trovare alloggio; c'è sempre qualche convegno, fiera, festa o evento speciale. L'ultima, proprio qui a Iquique, è una "convention" di surfisti...
Si fossero almeno visti in giro... chissà dove stanno rinchiusi!


Continua...

1 commenti:

venerdì 26 ottobre 2007

Dal Perù al Cile

Per attraversare la frontiera tra Tacna e Arica ci sono tre modi: il treno, che ha orari molto scomodi, numerosi bus che partono dal terminal internazionale e il mezzo consigliato da tutti: il taxi collettivo. A Tacna i terminal dei bus, così come le strade cittadine, sono assediati da tassisti regolari e no che offrono il passaggio della frontiera, ma ci avevano consigliato di rivolgersi solo a una delle numerose agenzie autorizzate all'interno del terminal.

Già il tassista che ci portava dall'albergo all'autostazione ci aveva proposto il passaggio in Cile chiedendoci ben 30$, il triplo della tariffa dei taxi collettivi, senza nessuna garanzia: abbiamo rifiutato. Appena arrivate in prossimità del terminal la nostra macchina è stata presa d'assalto da una decina di autisti che, rivolgendosi a noi o implorando la mediazione del tassista, e infilando testa o braccia dai finestrini, ci offrivano il loro trasporto ad Arica. Abbiamo rifiutato una decina di volte, ma sapevamo che il peggio doveva ancora venire. Da quando siamo scese dal taxi e per i 10 minuti successivi, decine di autisti, spesso contemporaneamente e circondandoci, ci hanno offerto il loro servizio, dichiarando chi di essere regolare, chi cileno (come se fosse una maggiore garanzia), chi di poterci accompagnare fino all'albergo di Arica. Mentre avanzavamo nell'atrio del terminal, cercando di capire dove fossimo e dove fossero le agenzie ufficiali, abbiamo continuato senza sosta a ripetere "No, no gracias, no!", alzando anche un po' la voce con quelli più insistenti. E mentre noi combattevamo con gli autisti, che si allontanavano per noi riavvicinarsi e tornare alla carica, i tasssiti combattevano tra di loro, chi ribadendo il nostro no, chi lasciando intendere agli altri che eravamo già "acquisite", chi mostrando di difenderci dagli altri per conquistare la nostra fiducia.
Alla fine, continuando a dire no, ci siamo avvicinate al banco di un'agenzia a caso e abbiamo comprato i nostri passaggi.
Abbiamo cambiato i soles in pesos e siamo state affidate a uno degli autisti che avevamo respinto con insistenza poco prima.
Costui ci ha condotte nel parcheggio dell'autostazione, ha infilato le nostre valigie in un macchinone americano un po' scalcagnato e ci ha lasciate sotto il sole in compagnia di un altro passeggero, mentre lui andava a raccattarne altri due. Infatti la macchina, per partire, deve essere al massimo della capienza: cinque passeggeri più l'autista. L'attesa è durata mezz'ora. Nel frattempo ho fatto due chiacchiere con il terzo passaggero per carpire qualche informazione sul viaggio. Ho scoperto che lui viaggiava già da due giorni e che lo aspettavano altri due giorni di trabordo in collettivo per andare da Truillo, a nord di Lima, dove vive la sua famiglia a Buenos Aires dove lavora da 13 anni: quasi lo stesso itinerario che noi faremo in 2 mesi!
Finalmente il tassista è tornato con altri due passeggeri: un giovane peruviano senza bagaglio e un signore cileno venuto a Tacna per comprare dei pezzi di ricambio che, come molte altre cose, qui costano meno.
Prima di partire, un po' per gioco un po' no, ho mandato un messaggio a mio fratello comunicandogli il numero di targa della macchina, con la preghiera, se dopo qualche ora non avesse ricevuto mie notizie, di cominciare le ricerche.
Siamo partiti e per mezz'ora abbiamo viaggiato nel deserto, con miraggi di acqua all'orizzonte, musica criolla dalla radio e a velocità "peruviana", ho capito solo allora perché il tizio accanto a me si era fatto il segno della croce alla partenza...
Arrivati alla frontiera peruviana, siamo scesi e, recuperate le valigie, abbiamo passato il controllo antidroga dei bagagli (sì, la coca l'avevamo già lasciata!) e il controllo passaporti. Il tassista ha sbrigato le sue pratiche e ci ha recuperati al di là dei gabbiotti dei doganieri. Attraversata una striscia di terra di nessuno, siamo nuovamente scesi dalla macchina, per rifare la stessa trafila alla frontiera cilena. Il tassista ci ha nuovamente recuperati al di là della barriera e, sempre in volata, siamo arrivati ad Arica.
E lì, come un vero miraggio: il mare! Che non vedevamo da un mese, giacché quello di Lima non ci era sembrato tale.
Fin dai primi accenni di città, ci è sembrato di essere tornate alla civiltà: strade asfaltate bene, con perfino la striscia di mezzeria, edifici normali, cioè bruttini come quelli delle periferie italiane ma intonacati e con un tetto di cemento e non di lamiera. Impressione confermata poi dal giro in centro nel pomeriggio: che belle le signore cilene, normali, magre o cicciottelle con gonne al ginocchio o pantaloni, occhiali da sole e borsetta a tracolla: sembra di essere nell'Italia di 30 anni fa... che bello!
Quando poi, festeggiando l'arrivo in Cile con una bella parrilla, dalla radio del ristorante abbiamo sentito la voce di Franco Simone e di Adamo (si avete capito bene, si parla di 20 e 40 anni fa...) e il cameriere ci ha informate con complicità che questi cantanti italiani qui riscuotono molto successo... ci siamo davvero sentite a casa...
A proposito di Cile: bel cielo e terremoti. Ieri notte, ancora in Perù, abbiamo sentito il primo terremoto "cileno"... non è una bella sensazione essere svegliate da qualcuno che scuote il tuo letto e scoprire che è un terremoto. Aspetti e speri che passi in fretta, prima che crolli qualcosa. E stasera, prima luna piena cilena: bella, grande, luminosa come un faro.
Viva el Chile! Viva Salvador Allende!

Continua...

6 commenti:

giovedì 25 ottobre 2007

Siamo partite da Cusco con un bus notturno molto comodo, poltrone letto completamente reclinabili e cena servita come in aereo. La mattina all'alba siamo arrivate ad Arequipa dove avevamo prenotato un altro pullman per Tacna.

Appena fuori da Arequipa ci ha sorprese il deserto. Sapevamo che la zona meridionale del Peru' è desertica, ma non immaginavamo di viaggiare per 5 ore in un paesaggio interamente sabbioso. A metà del percorso, in pieno deserto, ci hanno fatto scendere dal pullman per controllare i bagagli e accertarsi che non trasportassimo frutta. Infatti la regione di Moquegua si dichiara "libera dalla mosca della frutta" e per continuare le esportazioni con questo marchio si accertano che sul territorio non arrivi frutta, con relative larve di mosca, da altre regioni. La scena era surreale: una casupola in pieno deserto, una fila di passeggeri appiedati con i loro zaini in attesa del controllo, caldo torrido e noi due attrezzate per la montagna (giacche a vento, pantaloni di pile e scarponcini).
Infine siamo arrivate a Tacna, la cittadina più a sud del Perù a pochi kilometri dal confine con il Cile, tappa obbligata per attraversare la frontiera. Domani lasciamo il Perù che nel complesso ci ha entusiasmate per alcuni paesaggi naturali e per l'imperdibile Machu Picchu, e ci ha deluse per il contatto sempre solo "commerciale" con la gente del luogo; ogni scambio di parole era seguito dalla richiesta di acquistare qualcosa o di dare una mancia.
Qui abbiamo mangiato meno bene che in Brasile. A parte l'ottimo Cebiche, un misto di pesce e frutti di mare crudi marinati nel lime (dei Caraibi?) e guarnito con cipolla e patata dolce, tipico delle zone costiere (slurp); il rocoto relleno, peperone piccante ripieno di riso, carne e formaggio fuso, tipico di Arequipa; e la carne di alpaca, tenera e saporita; il resto è stato pollo in tutte le salse (sopa di pollo, dieta di pollo, pollopapa, cioè fritto e con patate fritte, alla piastra, al girarrosto, nelle empanadas, alla napolitana, alla milanesa!), carne discreta, patate fritte e riso scotto. Invece non abbiamo avuto il coraggio di assaggiare la vera specialità del paese: il cuy chactado, il porcellino d'India che preparano fritto, e presentano intero e spiaccicato sul piatto (come Gatto Silvestro nei cartoni). Ci è bastato vederlo prima della cottura.

Ultima nota sulla coca: masticare le foglie o berne il mate, purtroppo non dà alcuna sensazione "creativa". Forse ci ha solo aiutate a tollerare bene l'altitudine. Nella tradizione locale le foglie di coca vengono usate anche per aromatizzare i dolci, preparare creme, scambiate in segno di rispetto e buonaugurio, e persino lanciate per predire il futuro (noi continuiamo a preferire l'oroscopo di Internazionale). Ad ogni modo, ce ne siamo dovute liberare prima di attraversare la frontiera cilena.


Continua...

0 commenti:

domenica 21 ottobre 2007

Machu Picchu




Continua...

0 commenti:

venerdì 19 ottobre 2007

QOSQO

L'antico nome della città rende bene la sensazione che si prova di essere qui al centro, forse perché Cusco si sviluppa in una conca circondata da montagne,

forse perché è popolata da gente che viene da tutto il mondo, e non solo da turisti e da cusqueñi, forse, più probabilmente, per l'imponenza delle vestigia Inka. Gli spagnoli qui hanno fatto danni, hanno depredato, distrutto e riutilizzato i giganteschi massi delle fortezze per costruire palazzi e chiese di nessun fascino, come la chiesa di Santo Domingo costruita sul maestoso Tempio del Sole, di cui rimangono poche tracce. L'insieme delle due architetture rappresenta la carattestica della Cusco di oggi, ma quello che davvero incanta è la perfezione degli incastri dei muri Inka. Ne è piena la città, ne sono pieni i dintorni, come la fortezza di Saqsaywaman con i suoi tre strati di mura gigantesche che attraversano a zigzag l'altipiano sopra la città. Durante una di queste visite abbiamo trovato divertente la lettura che gli Inka facevano della Via Lattea: anzichè identificare le costellazioni come raggruppamenti di stelle, attribuendo loro nomi mitologici come facciamo noi; vedevano delle immagini a loro familiari nelle zone scure della galassia: il pastore, il lama, la volpe...Purtroppo non abbiamo avuto l'emozione di vedere mai il cielo completamente azzurro. La caratteristica di queste giornate è stata la variabilità del clima. Possiamo dire, però, che anche qui le nuvole sono molto belle. Ci stiamo godendo alcuni giorni di relax, in una cameretta confortevole sui tetti della città, prima di affrontare la "montagna vecchia". E finalmente apprezziamo la dilatazione del tempo del nostro viaggio. Possiamo contare le settimane già trascorse, e sembrano tante, ma non quelle che mancano al ritorno. E organizzare il proprio viaggio così è davvero una bella sensazione mai provata prima.



Continua...

3 commenti:

lunedì 15 ottobre 2007

Sillustani

Sillustani è un sito archeologico molto bello, a pochi kilometri da Puno. Ci sono le chullpas, grandi tombe Inka e pre-Inka di forma circolare che emergono dal terreno.

Qui venivano sepolti i capi della comunità, rinsecchiti e mummuficati in posizione fetale e fatti entrare attraverso la piccola apertura posta alla base del cilindro.
Il luogo è davvero bello, una penisola che di affaccia in un lago, in posizione sopraelevata, con niente intorno. Come avevamo già notato a Pachacamac, vicino Lima, questi Inka o pre-Inka che siano sapevano scegliere proprio bene i loro luoghi cerimoniali, vi si sente davvero un'energia particolare, data ovviamente dall'aria e dal paesaggio. La differenza tra le costruzioni Inka e quelle precedenti è notevole: la maestosità dei primi è inconfondibile.
Il 14 ottobre siamo partite alla volta di Cuzco. Il viaggio di 6 ore in pullman è stato funestato dalla trasmissione continua di film ad alto volume, sebbene fuori dal finestrino scorresse un paesaggio bello e mutevole.
All'arrivo abbiamo scoperto che l'albergo prenotato, nonostante l'edificio fosse molto carino, era freddo, la camera buia e riscaldata da una giara in cui brucia dell'alcool. Dopo la prima notte un po' gelida, siamo pronte per cambiare albergo.
Notizie su Cuzco e dintorni alla prossima.

Continua...

8 commenti:

sabato 13 ottobre 2007

Il lago Titicaca

Il percorso in minivan da Chivay a Puno ci ha incantate con un paesaggio bellissimo. Abbiamo viaggiato per oltre 5 ore

attraversando altipiani e colline ricoperte da un solo tipo di vegetazione: un arbusto secco e giallo, nutrimento di lama, alpaca e vigogne, che nel corso del pomeriggio ha assunto tutte le tonalità dal giallo al marrone. Abbiamo fatto una breve sosta per vedere una laguna azzurrissima a 4000 mt, popolata di fenicotteri rosa, e siamo arrivate a Puno che era già buio. Ma già dalla mattina seguente abbiamo avuto l'impressione di una cittadina viva e dinamica come tutte le città di "mare". Siamo corse ad affacciarci sul lago Titicaca e, a dispetto di tutti i racconti, lo abbiamo trovato verde: ricoperto, nella parte della baia di Puno, da una mucillagine inquietante. Solo il giorno dopo, quando per andare su una delle isole, abbiamo attraversato una parte più aperta e profonda del lago, abbiamo visto il blu intenso che ci aspettavamo. La prima tappa della gita in barca è stata una delle 40 isole degli Uros: le famose isole galleggianti, fatte di totora, un tipo di canna che abbonda nella baia. Tappa sfiziosa e didattica: sembrava di essere dentro "Turisti per caso". Il pezzo forte della giornata è stato, dopo 3 ore di navigazione, l'arrivo a Taquile, un'isola "vera".E lì l'emozione è tutta nel contrasto tra ciò che la mente sa, ciò che gli occhi vedono e quello che il corpo sente.Sai di essere in un lago, a 3.800 mt di altitudine, e intorno a te ci sono le Ande; ma vedi un mare di acqua blu, un'isola un po' brulla e senza veicoli, altre isole e terre in lontananza, cielo azzurro e nuvole incantevoli (la grecia?); ma appena fai pochi passi su un sentiero senti un affanno innaturale, le vene del collo pulsare e la bocca asciutta. Tutte queste sensazioni insieme producono uno straniamento che ci ha molto divertite.Purtroppo sulle isole si arriva solo con i gruppi, i traghetti pubblici non sono praticabili e le infrastrutture d'accoglienza sulle isole quasi inesistenti. L'impressione sgradevole è che gli abitanti ti guardino solo come possibile acquirente di mercanzia.Ti sorridono, scambiano due parole con te e poi ti chiedono di comprare qualcosa o di dar loro una mancia. Bambini piccolissimi, che sembra abbiano imparato la parola "propina", mancia, prima ancora di dire "mamma", ti si accostano e ti sussurrano la loro incessante richiesta.Ultima noticina: il cielo sul Titicaca è davvero sempre in movimento. Anche quando sembra coperto, c'è qualche angolo azzurro; e i tramonti, dietro le colline di Puno sono sempre infuocati e con colori che le mie foto non sono capaci di rendere.

Continua...

0 commenti:

mercoledì 10 ottobre 2007

La valle del Colca

Dopo aver verificato che gli alberghi di Chivay erano cooptati dalle agenzie turistiche, siamo state costrette e ripiegare su un tour organizzato per raggiungere la valle del Colca. L'agenzia ci ha prima tirato un pacco, costringendoci a rinviare di un giorno la partenza, poi ci ha piazzate su un pulmino un po' scalcagnato insieme ad altri 20 passeggeri. Il viaggio è durato 3 ore e, dopo aver aggirato due dei vulcani che circondano Arequipa, attraversato una riserva di vigogne,

ed effettuato una sosta per bere mate di coca, abbiamo raggiunto e superato un passo di 4910 mt. slm, prima di scendere ai 3650 mt di Chivay.
Grazie al mate e alle pallottoline di foglia di coca che abbiamo masticato lungo gran parte del viaggio, abbiamo retto bene all'altitudine: solo un po' di mal di testa avvicinandosi alla massima altezza e il cuore che batteva subito in gola appena fatta una rampa di scale.
Chivay è un paese di montagna: una plaza de Armas, una ventina di strade bianche o lastricate con approssimazione che si incrociano a scacchiera, case di un piano con tetto in lamiera. Dopo esserci sistemate in albergo e dopo una sauna e un bagno nelle piscine termali del paese, ci siamo sganciate dal gruppo, risparmiandoci la cena con gruppo folkloristico, e abbiamo passato la serata con una coppia di simpatici trentenni romani.
La mattinata seguente: sveglia alle 4,45; colazione alle 5,30; raccolta dei partecipanti all'escursione presso i vari alberghi; partenza per la valle alle 6,20; sosta a Yanque, il primo paesino della valle: in piazza musica tradizionale a palla e un gruppo di ragazzini in abiti locali che, prima che si faccia l'ora di andare a scuola, balla saltellando intorno alla fontana, circondati dalle bancarelle delle loro madri. Insieme a noi altri 6 o 7 pullman di turisti. Ci rimettiamo in marcia. Lungo la strada non asfaltata e molto pietrosa, i pullman di turisti si susseguono e si sorpassano a vicenda per sottrarsi al polverone sollevato da chi precede. La valle diventa davvero bella; più ampia, profonda, con terrazzamenti coltivati (andenes). Ad ogni punto di sosta panoramico, le venditrici cercano di attirare l'attenzione, declamano la loro mercanzia, e chiamano con insistenza.
Ho netta la sensazione che stiamo facendo una cosa assurda, che spero di non ripetere: attraversare frettolosamente villaggi che non hanno alcuna attrattiva eccetto le bancarelle messe lì apposta per noi, e bambini con lama e agnellini e cagnolini che ti chiedono se li vuoi fotografare, paesi che hanno cadenzato la loro vita e i loro ritmi su quest'onda continua di turisti che passano, solo a ore predefinite, per andare a vedere i condor.
La meta di tutti i pullman è un parcheggione e alcune piazzole affacciate sul canyon, che in questo punto ha la profondità di 1200 mt, mentre più avanti raggiunge i 3400, in cui aspettare la comparsa del condor. Ovviamente c'è tanta gente, tutti rivolti alla valle e tutti (me compresa) armati di macchina fotografica. I condor compaiono solitamente, ma non è mai sicuro, tra le 8 e le 9 del mattino, la nostra guida ci ha dato tempo fino alle 9,30.
Dopo un po' che si aspetta, passa un venditore di CD con foto e filmati del condor e della valle, nel caso il condor oggi non apparisse e non si volesse far brutta figura con parenti e amici... quasi quasi...
Niente, non succede niente e si è fatta l'ora di tornare al punto d'incontro; mentre percorriamo il sentiero, un "ohhh, ehi ehi ehi, aaah" ci avvisa che finalmente il condor è comparso. Ne passano tre, li vediamo da lontano, troppo lontano, sembrano grandi e sorvolano esattamente la piazzola dove eravamo noi fino a 10 minuti prima.
Il viaggio del ritorno, con sosta in "pueblo tipico" è altrettanto frenetica dell'andata: l'autista ha fretta di tornare, per pranzare e ripartire subito per Arequipa. Tornati a Chivay, ci sganciamo definitivamente dal gruppo. Ci fermiamo qui una notte di più per goderci un altro giro alle piscine di acqua termale, al mercato locale, che sembra davvero pittoresco, e infine il trasferimento a Puno, sul lago Titicaca.

Continua...

5 commenti:

venerdì 5 ottobre 2007

Arequipa

Per arrivare ad Arequipa abbiamo sorvolato per un'ora un deserto roccioso e rossiccio di cui si intuivano appena i rilievi.
L'aeroporto assomiglia più a quello di un'isola greca che a quello di una città sudamericana. E questa impressione di essere su un'isola ci ha accompagnato spesso, nonostante i 2300 mt di altitudine. Qui però il confine non è il mare, ma la corona di cime e vulcani che ci circonda.

Il rosso polveroso di queste montagne, unito al bianco del sillar, la pietra con cui sono costruite le case, contribuisce a rendere l'aria un po' lattiginosa. Il clima è davvero molto secco; durante il giorno il sole riscalda con prepotenza e le serate ricordano la nostra primavera... quando da noi c'era ancora la primavera.
Camminare qui è piacevole, rilassante, nonostante il fiume giallo di taxi.
La città è facile come sono facili gli abitanti. E' più semplice entrare in contatto con le persone; i tassisti, i commercianti parlano volentieri, e sorridono.
Se non ci sembrasse troppo sfacciato vorremmo fermarci per strada e guardare uno per uno tutti i vecchi con le loro facce rinsecchite e rugose e i bambini fatti a pallina.
Ci sono molte donne in abiti tradizionali agli angoli delle strade, la maggior parte vende qualcosa, caramelle, frutta secca. Sembrano appena scese a valle dalle montagne che circondano la città, alcune vengono prese per mano da donne più giovani e aiutate ad attraversare le strade più trafficate.
Abbiamo deciso di proseguire il nostro itinerario andando verso il canyon del Colca, la principale attrazione della zona.
Scartati i tour organizzati che in due giorni vanno e vengono, e i trekking più azzardati, abbiamo deciso di partire sabato, usando il pullman di linea che in 3 ore, dopo aver superato un passo di 4800 mt, ci porterà a Chivay, il villaggio all'inizio della valle. Una volta lì decideremo quanto tempo fermarci e come proseguire. Le incognite principali sono la temperatura e la nostra adattabilità all'altitudine, per questa seconda evenienza nel nostro giro al mercato ci siamo rifornite di foglie di coca che bisogna masticare e tenere in bocca.

Continua...

5 commenti:

lunedì 1 ottobre 2007

Lima

Lima è una città orizzontale, a differenza di quelle brasiliane che si sviluppano verticalmente.
Qui la maggior parte delle abitazioni è alta un paio di piani, la città è molto estesa, e la mobilità è garantita da pochi autobus di linea e da una moltitudine di taxi e "carros", cioè minibus.
I tassisti

non hanno licenza, chiunque può comprare una macchinetta di terza o quarta mano e farne taxi; ovviamente senza tassametro. Il prezzo va concordato prima di salire, cosa non facilissima per un turista che non ha idea delle distanze e delle tariffe adeguate. Finora a contrattare per noi sono stati il portiere di un museo e l'usciere di un albergo che, dopo essere andato a piedi a chiamare il taxi (una ford sgarrupata di cui era rimasto quasi solo il telaio), ha voluto sapere esattamente dove eravamo dirette per indicare al tassista il percorso e la tariffa.
Anche sui minibus la tariffa è soggetta a "oscillazioni", normalmente è di 1 sol, come ci ha detto una passeggera a cui avevamo chiesto indicazioni, ripetendoci accoratamente che avremmo dovuto pagare 1 sol e non di più.
I minibus sono vecchi pulmini da 15-20 posti variamente ritoccati per adattarli alla nuova funzione. A bordo: l'autista e il suo aiutante, il quale viaggia in piedi sul predellino del veicolo, sporto fuori ed emette fischi, versi e richiami, ripetendo il nome delle vie persorse dal mezzo: "aricaaricaaricaarequipaarequipaarequipachorillochorillo".
Due delle tre corsie di cui sono composte le arterie principali della città sono intasate da questi furgoncini che fermano dove ci sono potenziali clienti e si rincorrono anticipandosi l'un l'altro per soffiarsi a vicenda i passeggeri.
Appena un pedone manifesta un vago interesse per la destinazione ripetuta dall'accaparratore di clienti, costui lo invita a salire, cioè lo artiglia e lo spinge letteralmente dentro al "carro". Sarà una coincidenza linguistica, ma il nome è davvero adatto al mezzo. Il tutto avviene molto rapidamente per consentire al maggior numero di passeggeri di salire per poi ripartire in fretta, prima che i pulmini che seguono inizino a strombazzare. Dopo aver fatto il pieno di passeggeri, mentre il pulmino sfreccia e zig-zaga nel traffico, l'aiutante passa a riscuotere il prezzo del biglietto. Naturalmente si viaggia con lo sportello quasi sempre aperto a causa del saliscendi continuo di passeggeri, e questo non sarebbe neanche spiacevole se la città non fosse soffocata da una cappa di umidità polverosa e avvelenata dagli scarichi particolarmente inquinanti degli stessi pulmini. Più che un viaggio, un aereosol al piombo (e molto altro) allietato da sobbalzi e brusche frenate.
Quando devi scendere, il "bigliettaio" fa cenno all'autista, il quale, se riesce, accosta a destra, rallenta, spesso senza fermarsi del tutto, e ripetendo "abajoabajoabajo" ti invita a scendere ancora più rapidamente di quando sei salito, giacché adesso devi solo saltare giù. E uff... una volta a terra, puoi solo tirare un sospiro di sollievo per essere ancora viva... ma senza inspirare troppo profondamente perché l'aria fa veramente schifo.

La sintesi di Felix
- 3 o 4 persone aspettano su un marciapiede
- arrivano alcuni pulmini
- accostano e pronunciando i nomi delle strade si fermano (sembra che vendano qualcosa)
- sali, se trovi posto ti siedi, un po' a disagio perché sembrano i seggiolini dell'asilo
- artigli mani e piedi per non cadere mentre il mezzo "scappa"
- se non puoi sederti, preghi
- per 10 minuti sei come narcotizzato
- per i restanti 30 pensi al senso della vita
- scendi, se possibile, qualche fermata prima
- fuori non sei salvo, ci sono intorno a te decine e decine di pulmini che ti chiamano e ti invitano a salire.

Continua...

5 commenti: