sabato 29 settembre 2007

Ora che sono comodamente seduta in camera, come a casa, scrivo.
La fase aerea è finita; siamo riposate, rinfrancate e nello stato d'animo bello.
Il Perù "colorato" che avevo in testa non c'è,


Lima della mia cartina geografica è stata una sorpresa.
La mancanza di luce solare, a maggior ragione provenendo dal Brasile, fa si che mi sembri di essere passata dal colore al bianco e nero.
I limeñi mi piacciono, tutti, anche quelli brutti che se fossero italiani non li guarderei con tanta simpatia.
Hanno delle belle mani, i capelli e tutti i peli di un nero lucido, quando i denti sono bianchi sono luminosi e sorridono, sopratutto le donne, con grazia
Forse me li sto guardando così bene perchè sono della mia statura.
Lima non mi piace perchè è assediata dalle automobili, anche la città in cui vivo lo è ma lì mi so difendere.
Stamattina, mentre raggiungevo il centro in autobus (cioè un furgoncino che potrebbe trasportare attrezzi),
mi sono ricordata del tunnel di Fuorigrotta. Vivono tutto il giorno là sotto!
Da domani musei. Penso che qui possiamo vedere i pezzi più belli delle loro culture, altrimenti che capitale è.
f.

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venerdì 28 settembre 2007

Dal sertao alle Ande

23 giorni dopo la nostra partenza da Milano, quando durante le normali vacanze si comincia a pensare al ritorno, noi siamo partire per cominciare un nuovo viaggio.
Le 30 ore di spostamento ci hanno proiettate dalla costa atlantica brasiliana, calda e ventosa a quella pacifica, fredda e umida della città di Lima. Delle due giornate di viaggio è degno di nota il commento di Felix quando, durante il volo Santiago-Lima, da una fitta pianura di nubi sono emerse le Ande:

"Però... sono un casino!", nel senso di tante. Un commento alla De Amicis!
In effetti, a vederle dall'alto, non sembra di trovarsi davanti a una catena montuosa, ma a un vero e proprio mare di montagne, con vette che si susseguono a perdita d'occhio. Andando verso nord, i coni vulcanici sembrano meno alti, la catena montuosa si fa altopiano, e le cime da nevose che erano, assumono le diverse sfumature del marrone.
Dall'alto sono emozionanti, le vedremo nelle prossime settimane anche da vicino.
A Lima, dopo aver resistito agli insistenti inviti dei tassisti all'aeroporto, abbiamo scelto un taxi ufficiale da pagare in aeroporto. Questo non ci ha risparmiato i richiami e gli inviti dei concorrenti. Pedro, dopo averci abilmente "scippate" a un collega, ha parlato senza sosta per tutto il percorso illustrandoci i quartieri della città che andavamo attraversando e proponendosi come guida per i giorni seguenti. E' stato come essere costrette a fare le turiste mentre volevamo solo andare a dormire.
Del cielo di Lima ho già detto. Qui siamo in primavera ma, come ci hanno confermato alcuni limeñi, il cielo rimane invariato per 11 mesi all'anno. Tra gennaio e febbraio può capitare che il grigio si schiarisca diventando un celestino pallido.
Oggi, dopo il trasferimento in un albergo più lussuoso e soprattutto più caldo, abbiamo visitato la Huaca Pucllana. Il sito archeologico pre-inca è all'interno del quartiere di Miraflores, dove alloggiamo, ed era luogo di cerimonie religiose e sacrifici umani. La piramide è frutto della stratificazione di edifici di epoche diverse. La visita è stata resa più interessante dalla guida che ci accompagnava e che era ben contenta di esercitare il suo italiano. I resti si presentano come lunghe e alte pareti di mattoni disposti in verticale. Sembrava di essere davanti a una grande libreria e per noi, in crisi di astinenza da 25 giorni, è stato davvero un colpo basso. Quando poi abbiamo incontrato una libreria internazionale, abbiamo capitolato e, dopo una lunga trattativa, valutando peso, numero di pagine, argomento, abbiamo comprato un Einaudi tascabile che nessuna delle due aveva ancora letto, e in onore al Peru abbiamo scelto "I quaderni di don Rigoberto" di Mario Vargas LLosa.
Adesso la sfida sarà decidere chi inizierà per prima a leggerlo per prima... probabilmente lo faremo in contemporanea usando segnalibri differenti. Vi terremo aggiornati.
Attraversando le strade affollate e trafficate di Miraflores, siamo andate finalmente a vedere l'oceano. Abbiamo avuto l'impressione che se Milano avesse il mare... sarebbe così. Ad ogni modo abbiamo avuto davanti agli occhi paesaggi e umanità molto diverse da quelle brasiliane di un paio di giorni fa.

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lunedì 24 settembre 2007

Recife è una città grande e si sviluppa su isole e penisole create dal delta del fiume Capibaribe e da numerosi affluenti e canali, spesso maleodoranti. Recife antigo, il centro storico,

è grazioso, abbastanza ben conservato ma, come gran parte della città, popolato da disperati. Boa Viagem, la parte più moderna, affollata da grattacieli residenziali (quella in cui abbiamo alloggiato) è accessibile attraverso ponti e cavalcavia che passano sui tetti di baracche e palafitte. La vita commerciale del quartiere si sviluppa lungo due grandi arterie in cui il traffico e lo smog non invogliano a passeggiare. Il lungomare, come in tutte le città costiere brasiliane, è la parte migliore; la mattina e la sera è percorso da gente che corre o cammina e, se non fosse per lo stradone a tre corsie e il traffico incessante che lo costeggia, sarebbe un luogo gradevole nonostante i grattacieli.

Anche la gita a Olinda, la cittadina famosa per l'architettura coloniale, è stata un po' deludente: per vedere casette portoghesi colorate e stradine acciottolate è decisamente più piacevole andare in Portogallo. Insomma, questa parte del Nordeste non ci è piaciuta e, nonostante i deliziosi frullati di açai e di guaranà, abbiamo deciso di andare via. Forse, come dice Beatrice dalla Svizzera, perché non siamo andate a Pipa; forse come dice Pierpaolo perché non si torna mai dove si è già stati, forse perché abbiamo bisogno di paesaggi più ignoti e stimolanti, abbiamo deciso di lasciare il Brasile, sentendone la nostalgia fin da subito. Oggi abbiamo comprato il volo per Rio, anticipato quello per Lima, e il 26 settembre saremo in Perù. I prossimi aggiornamenti da Lima.


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domenica 23 settembre 2007

Quiz e Joao Pessoa

Innanzitutto, la soluzione al quiz.
Ahi ahi ahi... Svizzera batte Italia 1 a 0! Pero´ a Beatrice niente souvenir... lei ci viene troppo spesso e poi conosceva gia´ l´oggetto misterioso. Insomma, quelle nella foto sono fette di canna da zucchero pelata (con la corteccia della canna sono stati fatti gli stecchetti). Un vecchietto, sul lungomare di Tambaù, preparava i graziosi mazzolini e li vendeva per 2R$. Ovviamente si mangia. Non avremmo mica speso tutti quei soldi per una decorazione...Appena addentata, la canna emette un liquido non così dolce come ci si potrebbe immaginare, ma molto aromatico, simile alla polpa del cocco (come siamo abituati a mangiarlo in Italia). Quello che resta, dopo aver succhiato il succo, è una fibra secca e stopposa (io l'ho sputata, ma non sono sicura che si faccia così). A Felix non è piaciuto tanto, a me sì :-)


Joao Pessoa, come sapevamo, è davvero una città tranquilla. Il centro cittadino è piccolo e caotico. Un paio di strade sono costeggiate da edifici bassi in stile coloniale dai colori sgargianti, il resto sono strade trafficate da automobili, bus e venditori. Non abbiamo mancato, come suggerito da guide e info turistiche, il tramonto a Jacarè, una spiaggia sul fiume che costeggia la città. Arrivarci non è stato semplice: prima un bus per un Ipermercato fuori città, di là un secondo autobus che ci ha lasciate lungo una specie di tangenziale con 3 corsie e spartitraffico, il cui attraversamento è stato una specie di roulette russa (ma ce l'abbiamo fatta).Poi, all'altezza di una stazione di servizio, una stradina abbastanza deserta di cui non si vede la fine, attraversata dai binari di una ferrovia extraurbana.Tutto ciò alle 4,30 mentre il sole cominciava a calare. Qui il tramonto è alle 5 e il buio, come in prossimità dell'equatore, cala rapidamente.Un po' preoccupate per il ritorno che immaginavamo al buio, abbiamo camminato per 20 minuti prima di arrivare in prossimità di un ampio parcheggio con macchine, bus gran turismo, ristoranti e negozi lungo un viale (da noi ribattezzati "del tramonto"), dove una folla di turisti e gruppi di pensionati aspettava che il sole tramontasse. A pochi minuti dall'evento, dai bar i musicisti hanno cominciato a suonare il Bolero di Ravel, per creare "atmosfera". Però ogni musicista iniziava il pezzo in momenti diversi. Il risultato è stato un gran Casino di Ravel che però abbiamo seguito fino alla fine. Poi il giusto il tempo di qualche foto per Rosanna e via di corsa, in taxi, verso il ritorno. Il tassista ci ha confermato che quel giorno c'era poca gente... era lunedì, ma nel fine settimana sì, si anima davvero... Aiuto!
Il giorno dopo: gita a Campina Grande, città dell'interno in cui la nostra missione era trovare il più grande mercato del nordeste. Del mercato, eccetto qualche bancarella di frutta e verdura, nessuno sapeva niente; in compenso il viaggio di 2 ore per arrivarci è stato interessante.La zona verde e boscosa della fascia costiera, chilometro dopo chilometro, cedeva il posto a vegetazione più bassa e ad arbusti, fino a diventare sertao.Pochi i villaggi lungo la strada, qualche fazenda e mucche ossute al pascolo. Lite con il controllore di un autobus cittadino che si è molto arrabbiato perché, non riuscendo a passare, avevo fatto fare un giro in più al tornello.Ha preteso, sgarbatamente, che pagassi il biglietto in più che viene conteggiato dal giro di tornello. Io ho pagato, ma ho continuato a battibeccare pretendendo almeno gentilezza.In queste situazioni Felix si agita, io invece mi diverto e voglio l'ultima parola... mi va bene, finché i controllori non sono armati!
Ora siamo a Recife, capitale del Pernambuco. Ci stiamo ancora guardando intorno per capire dove andare, giacché la città non sembra meritare la nostra presenza. Ci impiegheremo i nostri soliti 4 o 5 giorni per andar via; nel frattempo vi racconteremo com'è la città.



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giovedì 20 settembre 2007

Cartoline

Per iniziare...

Per EZIO:
Hai visto qui i ciclisti come tirano a campare? Fossi in te, ci farei un pensierino.
(P.S. E' arrivato anche l'altro commento, però segnala quelli che non vuoi che siano pubblicati ;-) e non dimenticare di firmarli!


Per ROSANNA:
Certo, lo sappiamo, i tramonti di Ischia sono imbattibili... ma anche questo non era male.


Per ANTO:
Le viste dalle nostre camere d'albergo non sono mai spettacolari. Questa è quella di Joao Pessoa.


Per chi è a dieta...

E infine... Paratodos (che in Brasile indica il banco della lotteria) IL QUIZ!
Il primo che indovina il soggetto di queste ultime due foto... riceverà in regalo un indimenticabile souvenir do Brasil.
Di che si tratta?

Saluti e baci.
Alla prossima.




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domenica 16 settembre 2007

Prime impressioni di Joao Pessoa

Ci avevate lasciate in partenza per Joao Pessoa. Di questa città sapevamo che era "mujto tranquilla" e la nostra guida aggiungeva: "ingiustamente trascurata dai turisti". Poiché noi amiamo a priori tutto ciò che è "ingiustamente trascurato", già due anni fa avevamo in programma di passarci, e questa volta siamo riuscite a farlo.

Il viaggio in autobus è stato relativamente breve (3h) e confortevole, funestato solo dall'aria condizionata potente, che ha richiesto una copertura integrale. Dal finestrino, oltre ai lavori continui per l'ampliamento della strada statale, scorreva una campagna fatta di terra rossa, con tutte le sfumature, e piantagioni di cocchi e canna da zucchero.
L'impressione iniziale della città è stata abbastanza deludente: l'impiegata del turismo che parlava come un disco registrato, adolescenti scalzi e malconci che chiedevano soldi appena fuori dalla Rodoviaria, il tassista a metà tra lo scontroso e l'autistico, e infine l'albergo: mal tenuto e posto nella zona peggiore del quartiere, molto gradevole, dove alloggiamo: Tambau'.
Il giorno dopo abbiamo battuto Tambù e la vicina spiaggia di Cabo Branco alla ricerca di una sistemazione migliore, constatando che l'edilizia turistica degli ultimi 30 anni, di cui i pessoani vanno tanto fieri, anche perché ha un po' risollevato le sorti economiche di una regione povera, ha prodotto una sequenza di edifici di 2 o 3 piani, a forma di cubo, piastrellati di bianco all'esterno, senza balconi, anche quelli fronte mare, e con finestrelle scorrevoli. Tra tutti, alla fine abbiamo scelto un albergo con una stanza più grande e molto ariosa, appena meglio degli altri. Ci è venuto il dubbio che alla fine di questa vacanza finiremo per rivalutare i grattacieli che deturpano spesso le spiagge cittadine.
I giri in città ci hanno confermato che Joao Pessoa è davvero molto tranquilla, poco orientata al turismo e quindi più autentica; è frequentata soprattutto da turisti brasiliani, tant'è che nessuno, nella reception degli alberghi, parla inglese. Ce la siamo dovuta cavare con il mio ita-gnol-ghese, una specie di esperanto neolatino che raggiunge lo scopo.
Oltre ad alcune attrattive in città e lungo la costa che scopriremo nei prossimi giorni, Joao Pessoa sembra una cittadina in cui semplicemente "stare", e nella quale la nostra principale attività potrà essere quella di osservare i brasiliani vivere; che è uno dei motivi per cui siamo tornate in questo paese.

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mercoledì 12 settembre 2007

Oggi gita a Pirangi do Norte, per vedere il cajueiro più grande del mondo. Il caju è il frutto simbolo del Nordeste. La polpa si mangia e il nocciolo altro non è che l'anacardo.o

Dall'onibus abbiamo cominciato a ritrovare il Nordeste che ci piace: casette basse dai colori vivaci che costeggiano le strade, insegne dipinte direttamente sulle pareti delle case, i coquerinos, cioè le piantagioni di cocchi, e le persone che camminano lungo le strade tra un paese e l'altro.
L'albero di Pirangi è da Guinness: un unico albero principale i cui rami, poggiandosi a terra, hanno messo radici.
Abbiamo onorato il caju pasteggiando con peixe frito ao molho de caju e bevendo, ovviamente, sucos de caju. Che dire: ottimo. Le foto lo testimoniano.
La camminata del ritorno, prima in paese, poi lungo la strada tra Pirangi e Cotovelo, ci ha riconciliato con il Rio Grande do Norte dopo la passeggiata di ieri lungo la spiaggia battuta costantemente dal vento e quella del giorno prima in città.
Domani partiamo per Joao Pessoa.

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lunedì 10 settembre 2007

Arrivare nella pensione hippie, sederci sul terrazzino, scambiare due parole con le persone che lavorano qui ci ha fatto sentire subito più a nostro agio rispetto agli alberghi frequentati finora. Finalmente possiamo entrare e uscire senza nessuno che si precipiti ad aprirci la porta.

L'autobus per la Rodoviaria Nova attraversa per 50 minuti la periferia di Natal. I quartieri residenziali si trasformano via via in baracche, lungo le strade carretti trainati da uomini o animali.
La Rodoviaria è davvero molto scarna di informazioni e servizi. Riprendiamo un autobus verso il centro. La Citade Alta non è che poche vie commerciali, e subito, appena svoltato l'angolo: bancarelle di cd, locali bui con slot machine, gente un po' disperata e self-service in cui si pranza con 1 Real (davvero troppo poco anche per gli standard brasiliani).
Anche il nostro pranzo è stato deludente. Una salsa al "frango" che, appena arriva nello stomaco, fa sentire il suo effetto esplosivo.
Le 2 ore di camminata sotto il sole cocente riescono a stento a smorzarne gli effetti.
Il tentativo di raggiungere le praias cittadine si rivela infelice. Ci ritroviamo nella zona del porto, costeggiamo prima il mercato del pesce, sotto gli sguardi attenti degli abitanti del quartiere, poi un lungo viale: da un lato le casette dei soldati nel comprensorio militare, dall'altra case basse recintate e poi baracche. Sono le 2 del pomeriggio, in giro non c'è nessuno e il nostro passo si fa veloce.
Quando finalmente arriviamo alle spiagge, constatiamo che sono davvero squallide, sporche e affollate. Per rientrare costeggiamo il Parque das Dunas in direzione Ponta Negra, che il giro in città ci ha costretto a rivalutare.

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domenica 9 settembre 2007

Sveglia alle 6, come tutti gli altri giorni. Il sole è già sorto da quasi un'ora, il lungomare è già percorso da gente che corre o cammina di buon passo, i banchetti sulla spiaggia stanno già disponendo sdraio e ombrelloni. Si vede che è domenica.

La spiaggia è lunga, punteggiata da alberghi; sulla destra, ricoperta dalla vegetazione, la duna. Al centro, una grande lingua di sabbia gialla, scivola direttamente nel mare.
La mattina la marea è ancora molto bassa, le onde sono lontane dalla riva, e il bagnasciuga umido manda riflessi argentati.
Prima di cambiare albergo, abbiamo dedicato la mattinata alla ricerca di una pensione per i prossimi giorni. Ne abbiamo viste alcune lungo la spiagga ma abbiamo scoperto che, nonostante il periodo di bassa stagione, molte erano piene.
Alle 11, cotte dalle 3 ore di camminata sotto il sole, e frastornate dal vento che soffia incessantemente nel Nordeste, siamo rientrate in albergo. Nel nuovo albergo ci hanno dato una camera di livello superiore (farà parte del risarcimento?). La stanza è confertevole, balconcino con vista mare, spiaggia, duna e palme. Da qui si sente: il fragore delle onde (nel frattempo la marea è salita e le onde sono a ridosso della fila di ombrelloni), il soffio del vento, il cinguettio degli uccelli, le urla di chi salta tra le onde e quelle di chi gioca in piscina.
Nel pomeriggio poi ne abbiamo disdetto la prenotazione fatta la mattina e scelto un'altra pousasa molto più hippie, con arredamento in bamboo, amaca sul balcone e decori floreali e soprattutto... collegamento wireless gratis a disposizione...
Abbiamo appurato che Ponta Grossa non ha altro che il mare. Non esiste un paese, un posto per camminare che non sia la spiaggia. I posti così non ci piacciono molto: stiamo già organizzando le prossime escursioni.

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sabato 8 settembre 2007

Verso il nordeste

Il compleanno di Felix l'abbiamo festeggiato in aereo, brindando con succo di goyaba e maracuja e salatini. Niente di che, ma la giornata è stata dedicata al trasferimento verso Natal, nello stato di Rio Grande do Norte.

-Quasi quattro ore di volo, con scalo, e poco prima delle 17, il sole stava già tramontando, eravamo sul taxi dirette all'hotel che avevamo prenotato via internet, da Milano, così da garantirci l'arrivo e le prime due notti comode.
Il paesaggio intorno all'aeroporto ci ha ricordato quello del Cearà, piatto, vegetazione ed edifici bassi, terra rossa e pessoas dalla tipica faccia nordestita.
Arrivate in albergo, Simeia, la receptionist, ci ha informate che, a causa di problemi con i voli e bla bla bla un gruppo avrebbe liberato le camere solo verso mezzanotte; in alternativa all'attesa ci ha chiesto di alloggiare in un albergo poco lontano, per trasferirci qui domattina. Di fronte alla nostra aria molto seccata, ci ha proposto come risarcimento la possibilità di cenare gratis entrambe le sere, ospiti dell'hotel. Proposta immediatamente accettata. E' quello che ci voleva per dare un fiato alle nostre finanze un po' provate dal soggiorno a Rio.
L'albergo sostitutivo si chiama Esmeralda (!), di proprietà italiana, come molti qui, è di buon livello, ma un po' troppo da gruppi organizzati, stile casa di riposo per ricchi.
Alle 19, stanche e affamate, abbiamo riscosso l'obolo, andando a cenare nel "nostro" albergo.
Ponta Grossa, il posto in cui siamo ci sembra particolare. E' appena fuori la città di Natal, dove una duna molto alta circonda un'ampia insenatura. Lungo questa duna sono stati costruiti hotel, pousadas e ristoranti. La spiagga, di sera, è illumitata da fari, e si vede bene il bagnasciuga reso profondo dalla bassa marea. La passeggiata pedonale che percorriamo è costeggiata da palme e abbastanza deserta. Domani, con la luce, capiremo meglio dove siamo capitate.

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La giornata è cominciata con il mio primo danno.

A colazione, nel tentativo di versarmi del succo di ananas, che forma in cima una specie di schiuma molto densa, come un tappo, ho rovesciato metà brocca sul bancone, per terra, sui miei pantaloni, camicia, scarpe. Tutto il personale del ristorante, sentito lo scroscio, è accorso. Loro hanno ripulito il tutto, io, desolata e profumata di ananas, ho proseguito la mia colazione, prima di tornare in camera a fare il bucato. A questo proposito, la bacinella pieghevole che avevamo comprato si sta rivelando molto utile.Alle 8,30 eravamo pronte per prendere un autobus dirette a Barra da Tijuca, l'ultimo quartiere di Rio verso sud. Le strade erano vuote e ciò nonostante, ci abbiamo impegato un'ora di folle corsa. Se Copacabana, con i suoi 4 chilometri sembra grande, la praia di Barra che si estende per ben 16 chilometri, è infinita, non se ne vede la fine, e la macchina fotografica non ha la profondità di campo necessaria per renderle giustizia. Barra è meno suggestiva delle spiagge cittadine, il paesaggio è più piatto, ma vi assicuro che trovarsi su una spiaggia tanto lunga, uniformemente gremita di persone (oggi è festa nazionale) è un bel colpo d'occhio.Proprio qui, insieme a migliaia di carioca, ho fatto il primo bagno della stagione e ho sentito la potenza di questo mare. E mentre io, che perfino con l'acqua che arrivava al ginocchio resistevo a fatica alle onde e ancor più alla risacca, decine di surfisti di ogni età si lanciavano sulla cresta delle onde più grandi.In conclusione: oggi abbiamo dato il colpo di grazia al pallore delle nostre facce e siamo pronte per cominciare la vacanza: domani si parte per il Nordeste.

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venerdì 7 settembre 2007

Innanzitutto grazie per la vostra partecipazione, per i commenti che ci mandate e per gli sforzi che alcuni di voi stanno facendo per superare le difficoltà della tecnologia.E' bello sapere che, attraverso questo blog, stiamo raggiungendo l'obiettivo che ci eravamo prefisse: fare partecipare un po' anche voi al nostro viaggio.Anzi, a pensarci bene, al ritorno dovremmo fare una colletta per farvi "compartecipare" anche alle spese di viaggio, oltre che alle emozioni. E questo vale per quelli di voi che pensano di viaggiare gratis ;-)

La giornata, dopo le emozioni di ieri, è stata abbastanza loffia.La mattina abbiamo fatto una passeggiata verso il centro dirette al Museu Historico Nacinal. Abbiamo attraversato alcuni quartieri popolari e poi il solito caos frenetico delle vie del centro, quelle degli uffici, dei grattacieli e del caos delle grandi metropoli. Il museo era davvero scarso. L'unica sezione interessante è quella dedicata alle popolazioni indie. La giornata è stata calda (35°) e la sosta in albergo ci ha risparmiato le ore più roventi.Nel pomeriggio una passeggiata nelle vie commerciali alle spalle di Copacabana e Ipanema. La città inizia a svuotarsi per il lungo week-end. Il 7 settembre, infatti, è la giornata dell'Indipedenza: previste code in uscita dalle città in direzione spiagge e selve.


QUELLO CHE STIAMO MANGIANDO.Colazione a base di frutta: melone, mango, mamao (quella che noi chiamiamo papaia!), abacaxi (ananas) e succhi di laranja (arancia), di melone, ananas, mamao. Eventualmente yoghurt con cereali. Prosegue poi con la sezione salata: un panino con prosciutto e formaggio a scelta fra molti tipi e talvolta uova strapazzate con pancetta abbrustolita.
Pranzo: nei self-service a Kilo, ci sono due o tre banconi con vassoi di: arroz (riso) blanco, con verdure, broccoli, legumi; carne di frango (pollo) e boe (manzo) con sughi e verdure; purè, patate, zuppe di legumi, verdura e frutta alla "milanesa", cioè fritta. Si prende il piatto e si riempie con i cibi e le quantità desiderate. Un modo molto civile di fare una pausa pranzo economica e veloce, soprattutto se confrontata con i panini e i piattini pronti dei bar di Milano. Ciò che non manca mai sulle tavole brasiliane è la farofa, farina di tapioca, o mandioca, lavorata a grana grossa e speziata, che si usa a complemento per ogni piatto, come noi usiamo il parmigiano.
Cena tipicamente a base di carne, riso, qualche contorno fritto, e l'immancabile chopp (che si pronuncia "sciopi") che altro non è che birra alla spina, spesso "estupidamente" gelata. Le porzioni sono molto abbondanti e, dopo qualche abbuffata, abbiamo capito che dobbiamo ordinare un solo piatto, più che sufficiente per entrambe.
Insomma, chi temeva che in questo viaggio saremmo dimagrite, può star tranquillo...


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giovedì 6 settembre 2007

In città

Per muoverci stiamo usando i mezzi pubblici: bus e metro. Entrambi funzionano, sono frequenti e ce ne sono tanti per ogni

destinazione. Gli autisti degli autobus guidano in modo indicibile: corrono come matti, frenano bruscamente, si fermano su richiesta passando repentinamente dalla seconda corsia di sorpasso alla fermata. Se la scena vista da terra è impressionante, e ogni volta sembra che auto-moto-ciclisti si salvino per miracolo, il bello viene quando sull'autobus ci sei tu. Non basta stare ben piantati a gambe larghe mantenendosi con ambo le mani per evitare di barcollare, anche da seduti bisogna reggersi forte per non precipitare sul vicino.
Ogni volta che scendiamo da un autobus abbiamo bisogno di qualche istante di immobilità per recuperare la nostra centratura verticale.
Oggi, superata la prima corsa in autobus della mattina, siamo state "alle spiagge".
Di Copacabama e Ipanema non dirò niente. Perché in verità non saprei cosa aggiungere a quello che si vede nelle foto. Solo che il fragore costante delle onde che si infrangono sulla battigia sembra una percussione regolare che dà il ritmo alla città.
Le spiagge sono percorse da carioca di ogni tipo ed età che camminano, corrono, fanno ginnastica; e da venditori ambulanti che propongono senza insistere la loro merce.
A Ipanema a un tratto, vicino alla riva, abbiamo visto volare per aria decine di palloni: erano gruppi di ragazzi che, disposti in circolo, palleggiavano.
Prima di rientrare in albergo, abbiamo deciso di andare sul Pan di zucchero per vedere il tramonto sulla città. La collina separa la baia di Guanabara dall'oceano, si raggiunge per mezzo di due teleferiche, e offre una vista spettacolare. La varietà di questo paesaggio che alterna strati di colline a baie, foreste tropicali a favelas e a grattacieli ci hai emozionate ancora una volta. Non eravamo le sole, a giudicare da quante persone erano con noi sul belvedere del Pao de Azuçar.

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martedì 4 settembre 2007

Abbiamo deciso di rimanere qui

Non preoccupatevi, intendevo dire, qui, in questo albergo. Infatti il programma iniziale era di fermarsi qui un paio di notti e poi cercare un albergo più economico.Ma quando ci si abitua alle comodità: alla doccia spaziale, alla colazione da urlo, alla vista sul Parque do Catete... è difficile rinunciarvi. Anche perché non sapendo cosa ci riserva il futuro, abbiamo deciso di godere adesso. E Rio è davvero il posto giusto! Oggi la giornata

era splendida e abbiamo deciso di andare a Niteroi, la città che si trova di fronte a Rio nella baia di Guanabara. Il collegamento viene garantito da traghetti affollatissimi che svolgono in realtà funzione di metropolitana sull'acqua. Il percorso è durato solo 10 minuti; speravamo durasse più a lungo perché vedere la città di Rio dal mare è uno di quei piaceri da gustarsi a fondo.Le due attrazioni di Niteroi, infatti, sono la vista sulla baia e il Museu de Arte Contemporanea disegnato dall'architetto Oscar Niemeyer.Le opere che il museo ospita non valgono la visita, ma l'edificio è davvero curioso. Ha forma di astronave e sembra appoggiato su un promontorio che si affaccia sul mare. L'edificio ha una sua spettacolarità e davvero in ogni altro luogo ci avrebbe divertite. Ma qui, con lo spettacolo offerto dalla natura di questa baia, tutto il resto scompare.Il nostro giro è proseguito con il tentativo di raggiungere un altro punto d'osservazione eccezionale, la Fortaleza de Santa Cruz. Il bus cittadino, dopo aver costeggiato le belle spiagge di fronte a Rio, ci ha lasciate in un angolo della periferia di Niteroi. Avremmo dovuto proseguire a piedi per raggiungere il Forte. Ma non c'è venuta voglia di addentrarci nei vicoli un po' desolati di Jurujuba e abbiamo rinunciato al nuovo panorama.Rientrando a Rio ci siamo immerse nell'umanità sciamante lungo le vie del centro, nell'odore di cibo che fuoriesce dai "Launchonete" (l'equivalente delle trattorie popolari) nel traffico e nel forte odore di etanolo emesso dai tubi di scarico delle automobili, nella musica dei venditori di cd. L'insieme ci ha un po' ubriacate. Quindi pausa in albergo prima di cena.

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Finalmente siamo partite...

... e il bello e´ che siamo anche arrivate!
Tutto è andato secondo le previsioni: la sera prima della partenza abbiamo dormito poco, il volo per Rio è stato lungo ma sopportabile. All'arrivo abbiamo fatto

un'ora di coda per il controllo passaporti; poi un'ora di attesa per il "frescao", il bus speciale con "ar condicionado" che costeggia le spiagge e ferma su richiesta. Siamo arrivate in hotel alle 22 ora locale (in Italia erano le 3 di notte). Eravamo stanchissime ma, per essere in piedi da quasi 24 ore, ce la siamo cavata bene.Stamattina abbiamo fatto un giro per Catete, il quartiere di Rio dove alloggiamo, e dove già eravamo state due anni fa. Ci era piaciuto per essere un quartiere normale, dove i carioca abitano e lavorano. Turisti ne vedi meno che nelle favelas. Incredibile! Era come essere tornate a casa: un susseguirsi di ricordi.Siamo contente che il nostro lungo viaggio sia ripartito proprio da qui.Abbiamo pranzato in una "comida al Kilo"; una delle scelte migliori: si spende abbastanza poco (13€ in due), si mangia bene, niente turisti, solo impiegati in pausa pranzo. Il cielo è un po'bianco, ma la temperatura è estiva; nel pomeriggio, dopo tanta fatica: riposo!Appena siamo partite, tutta la tensione dei giorni scorsi si è sciolta. Sono finalmente riuscita a vedere questo viaggio non nella sua interezza, impresa peraltro molto difficile, come avevo fatto finora mentre lo stavamo organizzando, ma nella sua sequenzialità. Sono in Brasile, sono contenta, me lo voglio godere tutto e mi sento nello stato d'animo giusto per riuscirci. Alla prossima tappa penserò dopo. E' tutto. Boa tarde a todos.

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sabato 1 settembre 2007

- 18... ore

Forse qualcuno si sarà domandato come ci si sente a 18 ore dalla partenza...
Si è emozionati? Preoccupati? Confusi? Pronti? Affannati? Contenti?

Bene, sappiate che ci si sente addosso tutto questo e altro ancora.
Ad esempio, io sento un lieve tremore che parte dallo sterno e scende attraverso lo stomaco, l'intestino, fino ad arrivare alle gambe. Qualcuno potrà pensare si tratti di paura... a me piace credere che sia "l'andare" che finalmente, dopo giorni passati a preparare (il bagaglio, i documenti, la casa) si è finalmente installato nel mio corpo. Sono pronta per andare.
Felix da stamattina si è fatta seria.
A lei, "l'andare" l'ha fatta diventare veloce, efficiente, dritta alla meta non ammette distrazioni.
E la meta, al momento, è chiudere casa domattina, e salire sul taxi.
Il resto, passo dopo passo, verrà da sè e, comunque sarà, sarà il nostro andare.

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